SERGIO RUBINI POLEMIZZA CON GIOVANNA GRASSI

Di Giovanni Bogani

"Ringrazio quei giornalisti che mi hanno nominato regista di kolossal". Comincia così, polemico, Sergio Rubini, regista e protagonista del film "Il viaggio della sposa", passato a Venezia ieri nella sezione "Mezzanotte". Il suo film, dice, non è affatto un kolossal: "E' solo un film in costume, una storia ambientata nel passato. E i critici italiani, appena vedono un film diverso dal solito, si spaventano, ti chiedono 'perché?'. Gabriele Salvatores ha fatto 'Nirvana', che è un film di fantascienza, e tutti gli dicevano che gli italiani non fanno film di fantascienza. E invece, poi è stato un successo. Io ho fatto un film in costume, e chi lo proibisce? E soprattutto, perché i critici dovrebbero essere prevenuti contro un film in costume? E invece, ho sentito subito questa terribile diffidenza...". Non è sicuro, Sergio Rubini, che il suo "Viaggio della sposa", itinerario picaresco e sentimentale nell'Italia del Seicento, sarà accolto come vorrebbe. E' abbastanza teso; dice "si arriva qui, ad un festival, con un film che ti ha accompagnato dentro per due anni, e poi finisce che il pubblico i film non li va a vedere. Magari prendi anche un premietto, degli applausi, ma quello che vuoi davvero è che la gente se ne accorga. Un film deve servire a comunicare, tutto il senso del lavoro che facciamo è di darsi alla gente. Altrimenti, non ha senso". Poi, inaspettatamente, prende le distanze anche lui dal film: "Comunque, 'Il viaggio della sposa' è un film che ho pensato due anni fa. Io, nel frattempo, sono cambiato, e non so neppure se mi ci riconosco più". E' sicuro, invece, di una cosa. Della partner che ha scelto per il film. Giovanna Mezzogiorno. Figlia di Vittorio, grandi occhi azzurri spalancati sul mondo, uno sguardo innocente, adolescente, puro, contrastato da una voce forte, adulta, volitiva. Rubini le fa, in piena conferenza stampa, quasi una dichiarazione d'amore: "Quando la ho vista, in un servizio di una rivista, con questi occhioni così curiosi, golosi, sono rimasto affascinato da questo sguardo così incontaminato. Penso che il problema dei nostri anni sia lo sguardo. Spesso nei nostri occhi si rispecchiano il cinismo, la brutalità, le cattiverie... Incontrare uno sguardo pulito mi sembrava davvero una rarità. E con Giovanna, ho trovato questa innocenza. E in un film così costruito su di lei, Giovanna è diventata in qualche modo anche autrice di questa storia". Giovanna Mezzogiorno, da parte sua, dice: "In Sergio ho trovato un innamoramento totale per la propria idea, per la storia di questi due personaggi. L'ho visto così entusiasta, che ho accettato anche di lanciarmi in una avventura del tutto nuova, per me, come il cinema. Avevo solo fatto teatro, con Peter Brook. Così ho detto semplicemente a Sergio: 'Io mi fido di te. Io mi affido a te'. E penso di aver fatto bene".

[da La Nazione del 28 agosto 1997]


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