Di Giovanni Bogani

VENEZIA - “Mi chiedete di Curzi e Di Pietro ? Ma non scherziamo ! Il candidato ideale del Mugello non era nessuno dei due : io ci avrei visto un contadino del Mugello, uno di quelli con le spalle grosse e i modi spicci, che però sanno quali sono i problemi di quei posti”. Ma se lei fosse del Mugello ? “Se quel giorno dovessi proprio, forse voterei Curzi ; ma voterei, io che sono mancino, scrivendo con la mano destra, così magari annullano. Io, comunque, mi presento candidato ! Visto che si candidano tutti, mi candido pur’io !”. Ride, con la sua risata ghignata e maledetta, con la ruga sulla guancia come un De Niro di borgata. Ride, Claudio Amendola, bullo per vocazione e per cliché di registi e produttori, che lo vogliono gangster, carcerato, terrorista, ultrà, giovane criminale, o anche poliziotto, ma di quelli con la mascella quadrata e il coraggio tenuto di traverso tra i denti come una sigaretta. Stavolta è un ergastolano, in un film che racconta un tentativo di portare più democrazia, di portare maggiore responsabilità indivuale all’interno di un carcere-isola, dove tutti hanno perduto la speranza. Un tentativo stroncato, all’alba degli anni Sessanta, dal governo Tambroni, che impose a tutta la società italiana un giro di vite autoritario, che stroncò in fretta quella timida primavera di libertà. Mentre parliamo con Amendola, tira su la manica della camicia, ed appare un tatuaggio. Un delfino con il sole, e il mare. “Ce l’ho da quando avevo sedici anni. Che cosa simboleggia ? Una grande passione per il mare, e basta. Non l’ho fatto adesso, per sembrare più credibile come carcerato”. Come hai affrontato il tuo personaggio ? Sei andato nelle carceri, hai incontrato degli ergastolani ? “No, ho lavorato soprattutto su me stesso, e su questa grande speranza - di libertà, di responsabilità - che investe il personaggio, quando si trova il direttore del carcere che gli affida il proprio bambino. Ho cercato di trovare dentro di me le motivazioni. Del resto, come diceva Mastroianni, se devi fare un orso non c’è bisogno di mangiare miele per sei mesi ; così, per fare un ergastolano, non devi per forza passare il tuo tempo in carcere”. C’è un altro film che, qui a Venezia, entra con la cinepresa in un carcere. Si chiama “Piccoli ergastoli”, e proprio ieri ha sollevato numerose polemiche, per la presenza, nel film, del terrorista nero Giusva Fioravanti. Tu approvi questa scelta ? “Io penso che chiunque abbia diritto a dire qualunque cosa, perché è uno die pochi diritti che ancora ci rimangono. E quindi, anche lui. Con tutto il rispetto per le vittime della strage di Bologna, se una regista ha voluto dare voce a uno come Fioravanti, secondo me è un suo diritto. Una scelta legittima, che può essere approvata o no, ma che non può essere bloccata”. Hai fatto, negli ultimi tempi, tutti film che raccontano la storia d’Italia. Da “La mia generazione” a “Le mani forti”, da “Altri uomini” a “Santo Stefano” : attraversi temi come il terrorismo, le carceri, la criminalità degli anni ’70 : come ti trovi in questo tipo di personaggi ? Li trovi un po’ stretti ? “No, sono lusingato dal fatto che mi scelgono a rappresentare, in qualche modo, un pezzetto della storia italiana”. Hai interpretato “Nostromo” con un grande cast internazionale, da Albert Finney a Claudia Cardinale. Questo ti ha portato nuove occasioni per girare a Hollywood ? “No”, e ride. “Però è passato negli Stati Uniti alla Cbs, è piaciuto molto, e adesso aspetto. Preferisco non andare, per fare un filmetto purché sia, se poi devo ritornare qua. E poi voglio dire una cosa che sembrerà strana : il cinema italiano non è affatto male. Si fanno tanti film, e non sono nemmeno brutti”. Che cosa mancherebbe, alla tua carriera, adesso ? “ Mi piacerebbe fare un western, un vero western, non un western comico, come credo faranno Pieraccioni e Veronesi. Purtroppo sono nato troppo tardi, Sergio Leone non c’è più. O forse, mi piacerebbe fare una grande storia d’amore. Sai, tipo Meryl Streep e De Niro in ‘Innamorarsi’, qualcosa che ti fa battere il cuore. Vorrei fare il grande seduttore. Sullo schermo”. In fondo, “Le mani forti” di Franco Bernini è un film in cui hai un ruolo di seduttore... “Sì, ma è una seduzione non sviluppata, che non va fino in fondo. Se ci fosse un seguito, sarebbe bellissimo”. Un seguito fuori dallo schermo ? “Un seguito fuori dallo schermo c’è. C’è una storia d’amore in corso... No, io parlo del film. Sarebbe bello proseguirlo. In fondo, la coppia di attori c’è”, ride. E proprio mentre parla dell’amore con Francesca Neri, squilla il telefonino. “Sì, come stai ?”, dice, e la voce da guerriero è diventata, di colpo, quella di un ragazzino. Bigagli : L’altro protagonista di “Santo Stefano” è Claudio Bigagli, toscano di Montale-Agliana, uno dei protagonisti del film-Oscar “Mediterraneo”. Dopo il ruolo nel film di Pasquini, sarà regista e interprete di un film che girerà a Carrara nella seconda metà di settembre, e che interpreterà lui stesso, al fianco di Carlo Croccolo, Marco Messeri e Carlo Monni. E’ la storia di un tipo un po’ pazzo, nato trovatello.

[da La Nazione del 30 agosto 1997]


BACK


Sito non ufficiale - Copyright © 1996-97 Multimedia On Line